IV QUARESIMA LAETARE

Cristo Redentor

Dio è fedele all’alleanza

L’Eucarestia che celebriamo ogni domenica non è altro che il nostro grazie a Dio per tutto ciò che ha compiuto in Cristo Gesù, suo Figlio. ….Per grazia siete salvati….” queste le parole di Paolo nella seconda lettura. Grande verità. Nessuno si arroghi il diritto di dire sono salvo per mezzo delle azioni quotidiane, per le qualità che possiedo. Inclinati al male pur avendo ricevuto la grazia battesimale siamo continuamente redenti dall’amore misericordioso di Dio che“ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna”.“Avere la vita eterna” non indica solo la promessa di una beatitudine dopo la vita terrena, ma la partecipazione alla vita divina già fin d’ora. Il Padre manifesta la sua straordinaria passione per l’uomo: una verità questa, che ancora ci scandalizza. L’amore a Dio non è iniziativa nostra perché “non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati” (1 Gv 4,10). L’amore a Dio è frutto dell’amore preveniente di Dio. I testi liturgici proclamano che la storia è retta dall’iniziativa del Padre che a tutti offre la salvezza, sempre condizionata dall’accoglienza o dal rifiuto dei singoli. “La luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce”. La salvezza è grazia immeritata, opera gratuita del Dio ricco di misericordia e di bontà (seconda lettura). L’eventuale chiusura produce l’autocondanna dell’uomo che, prigioniero della sua sterile sufficienza, rende inefficace il proposito di Dio. È emblematica la storia d’Israele (prima lettura): pur conoscendo la sollecitudine del suo Dio, si ostina nell’infedeltà. L’esilio, con la distruzione di ogni sicurezza, diventa situazione propizia al ravvedimento. Non ci sarebbe via d’uscita se il Signore, fedele al suo progetto, non riaprisse la storia al futuro prendendo l’iniziativa della liberazione e del ritorno in patria. Come per Israele anche l’uomo sembra perseguire unicamente i propri interessi, incapace di calcolare con coscienza critica la carica negativa delle proprie scelte. Anche il credente che respira questa atmosfera inquinata è spesso incapace di assecondare la forza liberatrice della parola di Dio, di leggere i segni, della fedeltà e della vicinanza di Dio. Alle prese con assillanti problemi quotidiani, scosso da continue tensioni sociali, testimone o complice di avvenimenti spesso tragici che avvelenano la convivenza, l’uomo sembra giustificato nella sua fuga da Dio, nella sua estraneità a una presenza e ad un amore che non sembrano mutare il corso della storia. Eppure il Figlio di Dio innalzato sulla croce è il segno permanente di un amore fecondo di salvezza. Nella morte di Cristo, offerta per amore e vissuta in comunione con Dio, il negativo è diventato positivo, la sconfitta è diventata vittoria e fonte di vita. Chi «guarda» al crocifisso con fede, chi adempie la volontà di Dio e si lascia determinare nel proprio comportamento dalla logica di Cristo, rivela l’esatta dimensione della propria vita, illuminata e mossa dall’amore. Chiudersi alla proposta di Dio è rifiutare la luce e, dunque, ritrovarsi in una situazione di cecità, di non-senso, di autocondanna (vangelo). “Il  grande amore con il quale Dio ci ha amati” (seconda lettura) si è concretizzato per noi nella situazione nuova originata dal battesimo. In esso Dio ci ha raggiunti, rigenerati, ricreati in Cristo. Paolo ricorre ad espressioni composte: essi sono con-vivificati, con-risuscitati, con-glorificati in Cristo… È una perfetta identità di destino con Cristo. I battezzati sono chiamati a orientare la vita sempre più decisamente verso un amore che si maturi in gesti capaci di “raccontare” la potenza trasformante dell’amore. La liturgia, consapevole della costituzionale fragilità del cuore umano ci fa pregare così: Dio buono e fedele, che mai ti stanchi di richiamare gli erranti a vera conversione e nel tuo Figlio innalzato sulla croce ci guarisci dai morsi del maligno, donaci la ricchezza della tua grazia, perché rinnovati nello spirito possiamo corrispondere al tuo eterno e sconfinato amore.

Godremo della verità, quando la vedremo faccia a faccia, perché anche questo ci viene promesso. Chi oserebbe, infatti, sperare ciò che Dio non si fosse degnato o di promettere o di dare? Vedremo faccia a faccia. L’Apostolo dice: Ora conosciamo in modo imperfetto; ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo faccia a faccia (cfr. 1 Core 13, 12). E l’apostolo Giovanni nella sua lettera aggiunge: «Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che, quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è» (1 Gv 3, 2). Questa è la grande promessa. Se lo ami, seguilo. Tu dici: Lo amo, ma per quale via devo seguirlo? Se il Signore tuo Dio ti avesse detto: Io sono la verità e la vita, tu, desiderando la verità e bramando la vita, cercheresti di sicuro la via per arrivare all’una e all’altra. Diresti a te stesso: gran cosa è la verità, gran bene è la vita: oh! se fosse possibile all’anima mia trovare il mezzo per arrivarci! Tu cerchi la via? Ascolta il Signore che ti dice in primo luogo: Io sono la via. Prima di dirti dove devi andare, ha premesso per dove devi passare: «Io sono», disse «la via»! La via per arrivare dove? Alla verità e alla vita. Prima ti indica la via da prendere, poi il termine dove vuoi arrivare. «Io sono la via, Io sono la verità, Io sono la vita». Rimanendo presso il Padre, era verità e vita; rivestendosi della nostra carne, è diventato la via. Non ti vien detto: devi affaticarti a cercare la via per arrivare alla verità e alla vita; non ti vien detto questo. Pigro, alzati! La via stessa è venuta a te e ti ha svegliato dal sonno, se pure ti ha svegliato. Alzati e cammina!

(S. Agostino)